1984, 23 Aprile, Torino, in un bar che non c’è più.
Paolo, il “dottore”, è venuto a prendere me, una chitarra e una valigia alla stazione; dopo anni di nomadismo per il mondo, sono di nuovo alla base.
Tre anni prima, Mick Taylor, in un teatro tenda, mi ha marchiato a vita con la sua Gibson Les Paul; il resto lo hanno fatto gli After Midnite, “americani (veri) a Roma”, il mio primo stipendio da musicista teen-ager.
La soffitta-in-affitto non è cara, ma servono soldi comunque e mentre di notte rubo riff(s) a Albert King e scrivo canzoni, di giorno traduco dall’inglese in una fabbrica di sedili per le macchine.
Durante i weekend(s) attacco annunci: nascono i Partykidz.
Intanto il “cantante col cappello” (Carl Lee & the Rhythm Rebels) mi convoca per entrare nella sua band: divento così un “ribelle del ritmo“, senza essere ben certo del reale significato della cosa.
1986 (e qualcosa), Roma, RAI, registrazione di uno dei tanti programmi tv.
In un bar, appena fuori dagli studi, incontro gli Out of Time: pochi giorni dopo “Slep and the Red House” iniziano in una cascina abbandonata il loro lungo viaggio.
Le canzoni della soffitta-in-affitto tornano a rendersi utili per il primo album “Six String Soul“.
Un pensiero su ““La band” (Slep and the Red House)”